Santa Maria di Leuca tra favola, leggende e realtÃ
C’era una volta una bellissima sirena, di nome Leucasia, che dimorava a Leuca, in quel meraviglioso tratto di mare che si estende fino all’estrema punta della Penisola.
Leucasia era una sirena bianca e lucente, dal canto melodioso a cui nessuno poteva resistere. Un giorno un giovane pastore di nome Melisso, scese fin sugli scogli per lavare il suo gregge. La sirena notò la sua avvenenza e se ne invaghì. Cominciò il suo canto ammaliatore che però non ebbe effetto sul bellissimo giovane, perdutamente innamorato di Aristola, una giovane del luogo. Leucasia si infuriò e meditò la sua vendetta e quando i due innamorati scesero sugli scogli per una passeggiata romantica, la sirena scatenò una terribile tempesta che li annegò. Non paga di ciò, Leucasia separò i corpi ai due lati del golfo. La dea Minerva che aveva assistito alla scena, impietosita, trasformò i due giovani in altrettante pietre che da allora sono chiamate Punta Mèliso e Punta Ristola, che non si possono ricongiungere se non nell’abbraccio del tratto di mare che insieme custodiscono.
Santa Maria di Leuca, inoltre, secondo più recenti narrazioni, fu testimone dell’intervento della Madonna a protezione dei pescatori quando, nel XVI secolo, li salvò da una terribile tempesta.
La punta estrema della Penisola riserva sorprese impensate, tra leggende, miti e storie locali. Ma, a testimonianza della ricchezza naturalistica, artistica ed architettonica che spesso riservano i crocevia delle civiltà , in questi luoghi si potranno ammirare le ‘Grotte del Drago’, dalla cui forma prendono il nome, o la ‘Grotta le Diavolo’, con i suoi reperti risalenti all’epoca Neolitica. Imperdibili, poi, le visite alle ville Liberty di Leuca, risalenti all’800, in stile nordico, classico o orientale: Vìlla Episcopo, detta anche la Pagoda Cinese; villa Marucca, in stile egizio, e villa Melacqua, in stile neogotico.
Da non perdere anche l’incontro con la gastronomia locale: la cucina salentina è in grado di incantare il palato più esigente con gli ormai celebri ‘Ciceri e tria’ e con la ‘Taieddrha’, il poco noto e prelibato piatto di zucchine, pomodori, carciofi, cipolle e cozze.